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La riqualificazione della medicina territoriale: quali scenari futuri?

La riqualificazione della medicina territoriale

Come cambierà il lavoro dei medici di famiglia nell'era post-Covid?Certamente molto e nella direzione di un sempre maggiore utilizzo di software gestionali e tecnologie digitali, con l’obiettivo di avvicinare il medico ai suoi assistiti.
 

L’emergenza sanitaria legata all’epidemia da Covid-19 ha portato in primissimo piano una questione della quale già da tempo si avvertiva l’importanza: la necessità di elaborare nuovi modelli di presa in carico del paziente, soprattutto per la gestione di quelli cronici e dei più fragili.

Una adeguata organizzazione della Medicina di territorio, non a caso, compare tra gli obiettivi del Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa (PNRR) recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri e, già dall’autunno scorso, la 12^ Commissione permanente del Senato (Igiene e Sanità) ha tenuto una serie di audizioni sull’argomento del “Potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale nell’epoca post-Covid”.

Tra queste quelle degli ordini delle professioni sanitarie: la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) e la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI). Tra i concetti ampliamente condivisi, la riorganizzazione territoriale di prossimità e lo sviluppo di digitalizzazione sanitaria e telemedicina.

La Federazione degli Ordini dei Medici ha presentato la sua visione del futuro della medicina territoriale incentrata sulla creazione di un team multi-professionale, ribadendo, dal punto di vista contrattuale, il suo "no" al rapporto di dipendenza. Secondo FNOMCeO, infatti il rapporto di convenzione per tutti i professionisti del team sarebbe il più consono a un modello di presa in carico del paziente basato su azioni, obiettivi e risultati condivisi.

 

Una visione nuova per il Medico di Medicina Generale (MMG)

È ora di mettersi definitivamente alle spalle l’immagine nostalgica del vecchio “medico condotto” che, solo nel suo studio, con la sala d’aspetto gremita di pazienti in attesa, armato di sfigmomanometro e fonendoscopio, può contare solo sulla sua esperienza clinica e sulle capacità organizzative della sua segretaria. Il ruolo del Medico di Famiglia è senz'altro cambiato rispetto a prima e ancor di più in tempi di pandemia. 

Per rispondere alla domanda di salute presente e futura del Paese, la Medicina Generale va riconosciuta come una disciplina specialistica a tutti gli effetti, che va riorganizzata al fine di rispondere al crescente bisogno di salute.

Il medico di base deve diventare un “clinical manager”, rapportandosi con le altre figure professionali, integrandosi con le strutture diagnostiche e ospedaliere, ciascuno con le sue specifiche competenze e autonomie. L’infermiere e l’assistente sanitario svolgono invece la funzione di “case manager” come componenti di un microteam insieme al medico.

In questa impostazione, il ruolo di un efficace software gestionale sanitario in cloud diventa evidentemente decisivo. Vediamo concretamente gli aspetti di questa rivoluzione necessaria.

La proposta della FNOMCeO: un team multi-professionale

Secondo Filippo Anelli (presidente FNOMCeO) oggi sul territorio manca una rete adeguata che garantisca al cittadino, le migliori competenze necessarie per la sua salute. Questo anche a causa dell’attuale sistema è impostato su un’organizzazione “a silos”, che rende difficile cioè l’interazione e la sinergia tra i professionisti e le strutture territoriali.

L’obiettivo deve diventare quello di garantire ai cittadini l’accesso a tutte le professionalità a disposizione in un team multidisciplinare con il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta, lo specialista delle diverse branche, l’infermiere, l’assistente di studio, l’assistente sanitario, il tecnico radiologo, il fisioterapista, lo psicologo, l’ostetrica e via dicendo.

Un modello articolato di erogazione delle cure per soddisfare le domande di salute dei cittadini, che va avanti anche portando i professionisti ‘al letto del paziente’, migliorando la presa in carico degli assistiti.

Per poter stabilire un reale rapporto fiduciario è fondamentale che il medico di famiglia, che ha come proprio obiettivo lavorativo il rapporto continuativo con il cittadino, adotti un approccio mirato non alla semplice identificazione dei problemi da avviare ad altre strutture, ma al “problem solving" e che diventi quindi un riferimento diretto per i cittadini, all’interno dell’unità di base costituita dal microteam.

 

Il team, i pazienti e l’importanza della telemedicina

All’interno di questi micro team deve integrarsi lo specialista ambulatoriale con attività che possono essere sia decentrate e ambulatoriali, di solito nei presidi territoriali, sia domiciliari. D’altra parte l’emergenza pandemica ha portato al riconoscimento dell’importanza strategica che può avere la “medicina a distanza” e non solo in tempi di emergenza, tanto da portare all’approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni, delle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina” del Ministero della Salute, contenente, tra l’altro, le regole per visite, consulti, referti e teleassistenza.

È evidente quanto possano essere utili per la gestione del paziente da parte dei team multiprofessionali gli strumenti di telemedicina, con la possibilità di effettuare telemonitoraggio e mettendo in campo, anche da parte dello specialista, una disponibilità di presa in carico attraverso il rapporto continuativo “a tre” con il paziente e il suo medico di medicina generale.

L’importanza strategica della telemedicina è sottolineata anche dall’approvazione di un emendamento alla legge di bilancio che impegnerà le regioni a destinare per i prossimi anni una quota degli investimenti in edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico, all’acquisto proprio di dispositivi e applicativi informatici che consentano di effettuare refertazione a distanza, consulto tra specialisti e assistenza domiciliare da remoto.

I benefici per i pazienti cronici e per l’intero SSN

Ogni medico di medicina generale ha una quota di pazienti che presentano patologie croniche e hanno quindi la necessità di essere seguiti continuativamente secondo modalità che possono variare per patologia e gravità. Per questi pazienti la FNOMCeO propone un modello organizzativo che prevede quattro modalità diverse di presa in carico:

  • popolazione “sana o apparentemente sana” con un’attività di prevenzione, educazione e promozione della salute, a carico principalmente del microteam della medicina generale o pediatria di libera scelta, con la gestione delle cosiddette “acuzie semplici” attraverso una attività di consulenza da parte dello specialista ambulatoriale, presso lo studio del medico di base, ambulatori o il domicilio del paziente;
  • cronicità “semplici” sulla base di Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) di tipo specialistico territoriale attuabile sempre presso lo studio del medico o del pediatra, ambulatori o il domicilio;
  • cronicità “complessa” di tipo prettamente specialistico territoriale per la gestione di pazienti complessi (cardiopatici, pneumopatici, neurologici, diabetici, ecc.) sul territorio che non richiedano ricovero e siano gestibili nell'ambito dei percorsi strutturati di cure domiciliari, in Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), ambulatori o in Centri o Nuclei di cure intermedie;
  • casi gravi, terminali di cure palliative presso il domicilio tramite Assistenza domiciliare integrata (Adi), Unità operative di cure palliative (Uocp), Hospice, Rsa o Nuclei dedicati per patologia (SLA, Alzheimer, ecc.)

Secondo questo modello lo strumento ideale per la presa in carico sarebbe il Piano assistenziale individuale (PAI) elaborato dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, in collaborazione con lo specialista di settore, monitorando individualmente le necessità e l’evoluzione del paziente, con il supporto, ancora una volta fondamentale, degli adeguati mezzi tecnologico-digitali: cartella clinica elettronica e telemedicina.

 

CGM STUDIO il software già pronto per la medicina di base del futuro

In questo scenario diventano indispensabili adeguati strumenti tecnologici e informatici che possano gestire senza problemi e “in mobilità” le nuove sfide che la medicina del territorio dovrà affrontare.

Ecco perché CGM STUDIO, il nuovo software di CompuGroup Medical è già pronto per il futuro. Completamente in cloud è il primo gestionale per il medico di medicina generale che consente di avere, ovunque vi sia la disponibilità di una connessione internet, tutto quello che serve a portata di click.

Basta accedere con le proprie credenziali, tramite un portatile o un tablet all’applicazione web, per avere a disposizione tutte le funzionalità, dalla cartella clinica del paziente, allo storico delle prescrizioni o degli esami diagnostici, dalla gestione degli appuntamenti alla prescrizione di farmaci o compilazione di certificati. Il tutto anche “al letto del paziente” e in tutta sicurezza.

Anche i dati, infatti, sono tutti in cloud, al riparo da furti o perdite accidentali con, in più, tutti i vantaggi di non avere nulla da “sincronizzare” e nessun archivio da aggiornare: tutto avviene automaticamente e quotidianamente perché tutti gli archivi, compreso il prontuario farmaceutico, sono sulla nuvola.

Dalla crisi pandemica alle nuove opportunità tecnologiche

Il modello della medicina del territorio è senz’altro a un punto di svolta. La pandemia ha certamente contribuito a mettere in luce delle criticità presenti anche in un sistema di qualità come certamente è quello del Servizio Sanitario Nazionale.

In questi mesi Governo, Parlamento e le associazioni di categoria stanno lavorando per contribuire alla definizione del modello di medicina territoriale del futuro che, a prescindere da come sarà strutturata nei dettagli, vedrà certamente un incremento costante dell’importanza della digitalizzazione e della telemedicina.

La medicina di prossimità non può più fare a meno degli strumenti tecnologici all’avanguardia in campo medico dei quali ormai disponiamo. Portare lo specialista “al letto del paziente” significa davvero “prendersi cura” del proprio assistito, ma per farlo bisognerà mettere in campo, oltre alle proprie competenze professionali, anche l’adeguato armamentario tecnologico garantito dai programmi informatici sviluppati per i medici di famiglia.

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